lunedì 29 aprile 2013

GUARITI DALLA SCLEROSI MULTIPLA

TESTIMONIANZA DI GIOVANNI VERZILLI


Care sorelle e cari fratelli in Cristo, scrivo in prima persona per facilità d'esposizione, ma ciò che dirò appresso, è anche il pensiero di mia moglie e dei miei figli.

Perdonatemi se questa testimonianza vi viene partecipata in forma da me scritta, ma ho scelto questa forma perché ciò di cui desidero rendervi partecipi è per me talmente forte, coinvolgente ed emozionante che non riuscirei a trasmettervi esattamente quello che ho nella mia mente e nel mio cuore.

D'altro canto ritengo giusto che voi siate informati degli sviluppi e dell'epilogo della malattia che ha colpito mio genero John per il quale le vostre preghiere sono arrivate al trono di Dio e sono state esaudite.

Tutto ebbe inizio nello scorso mese di maggio, quando per una polmonite non diagnosticata e quindi mal curata, tutte le difese immunitarie di John (dissero dopo i dottori) vennero a mancare.

Nel mese di luglio quando ormai John si reggeva a malapena in piedi, gli diagnosticarono una cosa terribile, la sindrome di Guillain-Barré, ovvero neuropatia cronica demielinizzante, in altre parole l'anticamera della sclerosi multipla.

Da quel momento la vita di John cambiò radicalmente in quanto non poteva camminare, quindi non era autosufficiente e non poteva lavorare. Potete immaginare tutte le implicazioni di natura pratica che questo può portare in un uomo giovane e in una famiglia con due bambini e impegni economici per la casa e quant'altro occorre per lo svolgersi della vita quotidiana. Nel mese di settembre mi recai a Los Angeles dove appunto vive mia figlia Simonetta, sia per riaccompagnare i bambini che avevano trascorso l'estate con noi, sia per rendermi conto della situazione.

Oh miei cari, non potete immaginare l'angoscia che provai nel vedere John in quello stato, da uomo giovane e vigoroso come lo avevo lasciato in occasione del nostro ultimo incontro soltanto nove mesi prima, in un uomo ridotto ad uno stato che non oso descrivere, mi cadde il mondo addosso.

I medici o non si pronunciavano o, quando lo facevano, tentavano di preparare John e mia figlia ad un futuro diverso da come era stato fino ad allora.

Tanto per farvi immaginare come stavano le cose, mentre Simonetta era al lavoro, per distrarlo a volte lo portavo con me in macchina in giro per la città (questo l'ho detto dopo a Simonetta e a mia moglie per non allarmarle ulteriormente), ma ogni volta che uscivamo, John cadeva per terra due o tre volte. Ricordo un episodio che non dimenticherò mai: ero sceso dalla macchina per acquistare degli alimenti in un fast-food e al mio ritorno, forse nel tentativo di raggiungermi, lo trovai per terra vicino alla ruota dell'automobile, rannicchiato come un cagnolino, impossibilitato a muoversi. Quel poco che riusciva a fare era muoversi con il deambulatore e con il bastone, a volte era costretto a dormire nel piano inferiore della casa non essendo in grado di salire le scale.

Nella nostra totale impotenza, sia la mia famiglia che i genitori di John chiedemmo a diverse comunità evangeliche di unirsi a noi nelle preghiere per la sua guarigione, quindi alcune chiese evangeliche della Finlandia, dell'Olanda, della California, oltre a quelle di Bari, di Cesano Boscone (MI), di Teramo, di Roma-Aurelio, la nostra (Roma, Via Dei Bruzi) e forse qualche altra, elevarono preghiere con la precisa richiesta di guarigione.

Nel frattempo mia moglie si recò a casa di mia figlia ed ha avuto un ruolo grandissimo nel far sentire tutto l'amore, la dedizione e quant'altro anche di natura pratica una madre può dare nei casi bui della vita.

La mia personale preghiera era: "Signore fa che quando ritornerò a Los Angeles sia John da solo a venirmi a prendere all'aeroporto e che sia autosufficiente".

L'8 dicembre scorso sono ritornato a Los Angeles e... la mia gioia è stata talmente grande nel constatare il letterale adempimento della mia richiesta al Signore che, anche adesso a distanza di tempo che sto descrivendo quest'incontro, le mie guance sono rigate da lacrime di gioia e d'emozione.

John è stato miracolosamente guarito da Dio, ha ripreso la sua normale attività, tutti i suoi lavori gli sono stati assegnati di nuovo, come prima.

Una menzione ed un ringraziamento particolare desidero fare per la chiesa delle Assemblee di Dio di La Crescenta (CA), sia il pastore Erik Dodd e la sua famiglia, sia tutta la comunità sono stati e sono vicini a John e a Simonetta in un modo assolutamente fraterno, incoraggiandoli in ogni circostanza: il Signore li benedica.

Miei cari non vado oltre ma questa vicenda ha avuto l'epilogo che ho descritto anche grazie alle vostre intercessioni e per questo ve ne sono assieme a mia moglie estremamente e fraternamente grato.

A Dio tutta la gloria, e la Sua benedizione sia sopra ciascuno di noi.

Nota
Mercoledì 17 gennaio 2001, John si è recato alla consueta seduta di fisioterapia. Alla visita preventiva gli è stato comunicato che i muscoli e i nervi delle gambe rispondevano normalmente, pertanto non aveva più alcuna necessità di sottoporsi alla fisioterapia ed è stato mandato di nuovo a casa!
Giovanni e Lina Verzilli

TESTIMONIANZA DI JOHN KUNST

Cari fratelli, vorrei approfittare di questa opportunità per esprimere tutta la mia profonda gratitudine per tutti i pensieri d'affetto e le preghiere che fatto per me. Come avete saputo, sono stato colpito da una polineuropatia demielinizzante, forma cronica della sindrome Guillain-Barrè, una attacco del mio sistema immunitario al sistema nervoso periferico che mi ha procurato un'intensa debolezza agli arti, soprattutto alle gambe. Sono stato inabile per un lungo periodo di tempo, passando dal camminare con il bastone, all'aiuto del girello fino a finire sulla sedia a rotelle. Il dolore e la sofferenza dei miei e della mia famiglia sono stati grandi. È stato un passaggio per la valle, durante il quale mi sarei potuto sentire molto distante dal mio Signore; ma il sapere che voi tutti fratelli eravate proprio dietro di me, sostenendomi con le vostre preghiere, ha reso questo passaggio possibile. Sei mesi dopo la mia prima ospedalizzazione, cammino senza assistenza, posso giocare normalmente in giardino con i miei figli. Ora vedo che cosa ha significato tutto questo per la mia vita e per il mio cammino con il Signore. Egli mi ha nuovamente insegnato a fermarmi, a guardare, a riflettere, a godere le Sue benedizioni nella mia vita. Mi ha mostrato come dedicare del tempo a Lui e per Lui, per crescere, per leggere e soffermarmi sulla Sua Parola. Perciò vi ringrazio con tutto il mio cuore, poiché so che se non fosse stato per il vostro sostegno davanti al trono dell'Eterno, tutto ciò non sarebbe accaduto. Vi ringrazio, con la preghiera che le benedizioni di Dio siano sopra di voi in ogni tempo e sopra le vostre famiglie, perché in ogni momento possiate sentire la dolce voce del Redentore che parla al vostro cuore. Con amore nel Signore, il vostro fratello, oltre l'oceano ma vicino nello spirito.
John A. Kunst

giovedì 25 aprile 2013

AMATO, PERDONATO, ACCOLTO


Mi chiamo Marco Sarti, e sono nato a Cesena, ove vivo, nel febbraio del 1964.
     Domenica 16 Maggio ho avuto la gioia di trascorrere un giorno veramente speciale della mia vita, perché ho potuto, attraverso l’immersione nell’acqua battesimale, annunciare pubblicamente la mia fede nel Signore. Già da lungo tempo conoscevo e leggevo le Sacre Scritture, ma solo da pochissimo esse mi si sono veramente aperte e mi hanno fatto comprendere cosa voglia dire essere amati, perdonati e accolti da Dio. Da quel momento ho deciso di affidare la mia vita alle mani sante di Gesù Cristo, e di accettarlo quale mio personale Salvatore e mio Re; in conseguenza ho obbedito al suo comando di essere battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come deve fare chiunque ha creduto veramente il Lui.
     Da quando ho cominciato a amare e seguire la sua Parola, mi sento una persona completamente trasformata; la mia vita ha preso ad avere un senso che prima non aveva; finalmente ho conosciuto la pace della mente e del cuore. Leggendo e studiando la Bibbia con un interesse tutto nuovo, ho potuto scoprire tante verità che prima non conoscevo, tra le quali la realtà della misericordiosa luce della grazia di Dio, come si legge in Ef. 5:8: “in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce, poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità”.
     Nei tempi passati pregavo e cercavo il Signore solo nei momenti di bisogno e di sconforto, perché questa era l’unica egoistica maniera che avevo di credere in Dio; ma seguendo questa stolta abitudine di sostanziale indifferenza e di poco amore verso il Signore, mi trovavo insoddisfatto della vita e costretto a affrontare i miei problemi materiali e spirituali nella più completa solitudine, con una visione del mio futuro piena di incertezze e di paure. Oggi, grazie a Dio, non è più così.
     Ma non solo: ora so che il Signore non è mai stato lontano da me, neanche in quei momenti della mia vita nei quali non solo non lo conoscevo, ma anche vivevo disprezzando la sua volontà. Egli ha avuto grande pazienza, con me, e il suo grande amore mi ha concesso il tempo necessario a farmi comprendere la mia disperata condizione di peccatore, e a mostrarmi l’unica via per ricevere la sua grazia e il suo perdono.
     Studiando e pregando insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle di Cesena, ho potuto, con l’aiuto di Dio, conoscere il senso del grande sacrificio che Gesù ha sopportato per me sulla croce: allora, con stupore e gratitudine, ho compreso che se ciò non fosse accaduto, oggi non ci sarebbe salvezza per me, né per alcun altro uomo, indipendentemente da qualsiasi opera buona che possa essere compiuta. La Bibbia mi ha anche insegnato che, malgrado i miei peccati, il Signore era da sempre disposto a perdonarmi, e con me tutti coloro che hanno riposto e ripongono la loro fiducia nel Figlio di Dio (Gv 3:16).
     Voglio concludere questa mia semplice testimonianza ricordando che il Signore è sempre vicino a ognuno di noi, ed è pronto ad accoglierci con amore misericordioso: è sufficiente che decidiamo di cercarlo in spirito e verità, con cuore umile e sincero; allora Egli si fa subito trovare (Pr 8:17), e ci unisce a Lui indissolubilmente (1Gv 4:16).
     Oggi la sua Parola e il suo Santo Spirito mi insegnano che chiunque fa questa giusta scelta (come io ho fatto) non se ne pentirà e godrà del perdono e delle benedizioni di Dio in eterno; invito perciò coloro che leggeranno queste mie parole, non avendo ancora confessato Gesù quale personale Salvatore e Signore, a farlo subito.

Marco Sarti
(testimonianza tratta da: Il Cristiano, agosto 2004)

lunedì 22 aprile 2013

LA STORIA DI BEPPE

Mi chiamo Beppe, e sono nato a Cremona in una famiglia di sani principi, dove mi hanno insegnava a frequentare buone amicizie ed essere educato con le persone che mi stavano vicino. Fino all'età di tredici anni sono stato sempre ubbidiente, ascoltando i consigli dei miei genitori. All'età di quattordici anni con alcuni amici cominciai a frequentare l'ambiente delle discoteche, a bere e quasi sempre dopo queste uscite quasi sempre tornavo a casa alle due o alle tre del mattino, ubriaco e sconvolto. Nello stesso tempo lavoravo in un panificio dove conobbi altri ragazzi con i quali cominciai a fumare marijuana e per molti anni sono andato avanti così, bevendo e fumando. I miei genitori non sapevano nulla perché mi nascondevo il più possibile e non mi aprivo mai con loro.

Nel 1974, il grande salto, con alcuni amici cominciammo a fare uso di eroina. Ricordo ancora la prima dose che mi fu presentata, eravamo in un giardino, e un mio amico sciolse la roba nel cucchiaino. Ricordo ancora le sue parole mentre mi chiedeva di porgergli il braccio. Era la prima volta che mi bucavo e avevo meno di 17 anni. Cominciai così a cercare soldi in casa mia per procurarmi l'eroina. Mio padre ben presto venne a sapere che facevo parte di un gruppo di ragazzi che giravano insieme per andare a rubare. Così un giorno venne da me e mi disse: "È vero che tu fai uso di eroina?" Io cercai in tutte le maniere di negare l'evidenza perché avevo paura di mio padre e gli raccontavo un sacco di frottole, fino a che un giorno venne verso di me, mi alzò le maniche della camicia, e vide le mie braccia segnate dalle siringhe che usavo. Mi pose delle condizioni: se volevo continuare a vivere in casa dovevo smettere di bucarmi, altrimenti avrei dovuto prendere la mia strada. Decisi di lasciare la mia casa e andai a vivere con un mio amico che al tempo spacciava droga.
Era una casa dove c'era un via vai di tossicodipendenti che veniva sia per comprare che per bucarsi. Mi inoltrai in quella strada che non abbandonai se non dopo 10 anni, facendo cose assurde, continuando a rubare e finendo anche in carcere. Lì dentro avevo molto tempo e cominciai a riflettere domandami che cosa stavo facendo della mia vita, il dispiacere provocato ai miei genitori, ecc... Ma neanche questo riusciva a fermarmi, continuavo ad usare eroina nonostante tutto, arrivai fino al punto di raccogliere siringhe per la strada, ero completamente stravolto e un giorno mi trovai mezzo morto, buttato sopra un marciapiede. Ricordo ancora quando venne l'ambulanza a prendermi, per portarmi in ospedale, pensai: "questa volta muoio". Quando mi risvegliai mi arrabbiai con gli infermieri dicendo: "Ma cosa mi avete fatto, io stavo così bene dove mi trovavo". Mi avevano tolto lo sballo e mi avevano rimesso in sesto. Cominciai a gridare e a battere i pugni sul tavolo. Scappai dall'ospedale e tornai per la strada, la mattina seguente ero di nuovo in cerca di eroina. Alle volte non mangiavo per due giorni, ero così legato e immerso nella droga che arrivai a pesare 45 chili, ogni giorno dovevo recuperare dalle 200 alle 300 mila lire per soddisfare il mio bisogno. Per 10 anni questo è stato il mio incubo.
Mio padre diverse volte ha cercato di venirmi incontro, e una volta mi portò in ospedale per farmi disintossicare, ma quando uscivo tornavo a fare quello che facevo prima, e pensavo che ormai quella fosse la mia vita. Un giorno, mi trovavo in un giardino di Milano ed ero seduto su una panchina pensando a come potevo far soldi, perché stavo male e avevo bisogno della mia dose giornaliera. Due ragazzi si avvicinarono a me e mi invitarono ad andare con loro in una comunità. Io dissi loro che avevo ormai provato con ogni mezzo ad uscirne, ma niente aveva potuto aiutarmi. Poi decisi di di seguire il consiglio, quando arrivai vidi dei ragazzi che avevano fatto la mia stessa esperienza e mi raccontarono cose meravigliose di come erano stati trasformati e perdonati da ogni peccato. Il responsabile della comunità mi disse che Gesù avrebbe potuto cambiare anche la mia vita, mi disse che c'era speranza anche per me e da quella sera stessa decisi di andare a vivere in questa comunità, che attualmente sta aiutando molti giovani. Una sera, proprio in questa comunità, gridai a Dio chiedendogli di perdonarmi i miei peccati, e Dio lo fece, dandomi la gioia di vivere. Ora io posso affermare che Dio è fedele perché mi conduce avanti superando ogni difficoltà. Dio è potente, può veramente cambiare il cuore dell'uomo.
Forse questa soluzione ti sembrerà semplicistica e inadeguata ma è l'unica strada per uscire fuori dalla morsa della droga.

sabato 20 aprile 2013

STORIA DI UN PALLONE FINITO SULL'ALTARE

Il calciatore diventa frate. E' la storia di un calciatore promettente e di un pallone che finisce metaforicamente sull'altare.
Graziano Lorusso, di Gravina in Puglia (BA), a 16 anni calciatore del Bologna, convocato poi nella nazionale under 17 stava finalmente realizzando il suo sogno e quello dei suoi coetanei. Ce l'aveva fatta. Dai campetti del paese a stadi piu' importanti. E invece il vero sogno del centrocampista gravinese non aveva a che fare con il pallone. Graziano Lorusso cominciava a rendersene conto nel 1996, abbandonando i campi di calcio e rispondendo "presente" ad una chiamata piu' grande, con la contrarietà dei suoi compagni di squadra che stavano perdendo il capitano.

Dopo un lungo cammino spirituale, oggi 20 aprile, alle 17.30, nella chiesa Cattedrale di Gravina, fra' Graziano Lorusso verrà ordinato sacerdote.

venerdì 12 aprile 2013

TESTIMONIANZA DI FARID

Farid, un ex musulmano, racconta alcune sue esperienze con Gesù


"AFFINCHÈ GLI UOMINI VEDANO LE VOSTRE BUONE OPERE E GLORIFICHINO IL VOSTRO "PADRE" CHE E' NEI CIELI."
Quando ero da poco convertito a Cristo lavoravo con tre colleghi nello stesso reparto di una azienda. Noi quattro avevamo turni diversi, perciò non ci vedevamo e non ci parlavamo mai. Avevamo un ufficio in comune, dove ognuno di noi aveva un armadietto chiuso a chiave per i nostri attrezzi e per le tute.
Alla fine del mese ricevetti il mio stipendio e misi i soldi nel mio armadietto, per non perderli durante il lavoro. Finito il mio turno andai a casa, dimenticando però di portare con me lo stipendio. Il giorno successivo scoprii sbigottito che qualcuno aveva forzato l'armadietto ed aveva rubato i soldi. Subito emerse il mio vecchio me stesso. L'unica cosa che mi venne in mente era la vendetta! Invece di pensare ai versetti biblici che parlano del perdono, ricordai soltanto i testi del corano che insegnano la vendetta.
Sospettando che uno dei miei colleghi avesse rubato i soldi, decisi di forzare i loro armadietti e di bruciare tutto ciò che contenevano. Presi un martello e lo alzai per rompere le serrature. Ad un tratto una mano invisibile mi prese per il polso impedendomi di attuare il mio proposito. Spaventato mi misi a sedere. Che cosa mi stava succedendo? Allora sentii una voce sommessa, piena di compassione e d'amore. Quella voce mi sussurrava: "Caro figlio, non vendicarti. Non fare posto al diavolo". Obiettai dicendo: "Ma Signore, lo stipendio è l'unico mio reddito: Adesso chi si prenderà cura di mia moglie e dei miei figli?" Il Signore rispose: "Ricordati ciò che è scritto: "Gettate ogni vostra preoccupazione sul Signore, perché Egli ha cura di voi". Allora gli dissi: "Allora spegni Tu la rabbia rovente che riempie tutto il mio essere. Dimmi cosa devo fare".
Il Signore mi ordinò di prendere un pezzo di carta e di scrivere queste parole: A te fratello, che hai aperto l'armadietto, mi dispiace di non aver niente di valore da darti. Se hai bisogno di qualcosa di specifico scrivimelo e Dio provvederà. Per dimostrare che sto parlando sul serio, non riparerò la serratura. Infine ti auguro che la pace di Dio riempia la tua vita e che la grazia del nostro Signore Gesù Cristo ti circondi". Firmai con le parole: "il tuo amico che ti ama, malgrado ciò che è successo".
Dopo aver messo la lettera nel mio armadietto fui invaso da una gioia grandissima. Non vedevo l'ora di arrivare a casa, per raccontare ai miei familiari questa grande vittoria. Mia moglie fu completamente d'accordo con ciò che avevo fatto. Mi incoraggiò: "Pensa a ciò che il Signore ci ha promesso: non ti lascerò e non ti abbandonerò". Pur essendo impressionato da quelle parole fui assalito ugualmente dalle preoccupazioni. Come avrei potuto comprare cibo per la mia figlioletta? Come avrei pagato l'affitto? Quella notte non riuscii a dormire. Dopo ore che mi girai e rigirai nel letto mi alzai e andai sul balcone, dove pregai a lungo il Signore, chiedendogli di darmi pace. Mentre stavo per rientrare in casa fu buttato un sasso sul balcone: attaccato al sasso c'era una lettera di un altro cristiano che, per ragioni di sicurezza, non vedevo più da mesi. La lettera conteneva una somma di denaro uguale al mio stipendio. Quando è Fedele il Signore!
Quella però non fu l'ultima sorpresa che il Signore aveva in serbo per me. Quando il giorno successivo arrivai in ufficio, uno dei miei tre colleghi mi stava aspettando. Era un musulmano molto osservante. Con una voce che tradiva il suo impaccio mi disse: "Non so come dirtelo, ma ti chiedo perdono. Io ho forzato il tuo armadietto. Ieri ho trovato il tuo messaggio e le tue parole mi hanno toccato profondamente. Ho rubato i tuoi soldi e li ho usati per i miei figli malati. Appena potrò te li restuirò". Ma io gli dissi: "Puoi tenerli, non ne ho più bisogno, perché Dio mi ha mandato altri soldi". Non fu semplice convincere il mio collega che stavo parlando sul serio, ma infine ci riuscii. "Ma allora devi rispondere a una mia domanda", mi disse. "Chi ti ha insegnato a comportarti cosi?" Naturalmente conoscevo la risposta, ma avevo paura di spiegargli la causa della trasformazione del mio carattere. Come avrebbe reagito un musulmano come lui alla notizia della mia conversione? Perciò risposi vagamente: "L'ho imparato da Dio e dai suoi comandamenti". Lui non si accontentò e mi chiese ancora: "Dove hai trovato quei comandamenti?" "Te lo dirò un'altra volta", risposi, sperando che se ne dimenticasse.
Il mio collega invece era impressionato da ciò che era successo al punto da rifarmi sempre la stessa domanda. Infine decisi di dargli un Nuovo Testamento. Ne rimase sconvolto: "Ma questa è una Bibbia! Allah! Perdonami per favore!" esclamò. Io dissi: "Sì, è un Nuovo Testamento, ma se davvero vuoi conoscere la risposta alla tua domanda, devi leggere questo libro". Per un momento tacque, poi l'accettò con mani tremanti. Dopo un mese il mio collega si rivolse a me dicendo: "Ho letto queste parole: Chi crede e sarà battezzato sarà salvato". Eccomi qua, io credo". Più tardi ho considerato: E' proprio vero ciò che ha detto Gesù: "Gli uomini vedranno le vostre buone opere e glorificheranno il vostro Padre che è nei cieli".
GLORIA AL NOSTRO DIO PER AVERCI DATO GESÙ IL NOSTRO MAESTRO.